Verso la fine di marzo 2015, alcuni amici della vicina Croazia mi dissero che un loro conoscente era in possesso di una femmina di Lucherino che non riuscivano ad identificare, o meglio, non erano in grado di definirne la mutazione.
Ovviamente la cosa era di mio interesse, se non altro per capire se ci trovavamo difronte a qualcosa di nuovo oppure no.
Armato della mia Nikon, dopo qualche giorno, sono partito per la vicina Istria, con l’intenzione di scattare qualche foto, visto che i miei amici avevano già avanzato una tale mia richiesta al detentore del soggetto.
L’allevamento, situato in una riviera davanti al golfo del Quarnaro era costituito da una stanza di circa 25 metri quadrati, asciutto, anche se non molto illuminato, causa della folta vegetazione esterna. L’allevatore in questione, persona gioviale ed accogliente, che non avevo incontrato prima d’ora, era molto amico di chi mi accompagnava e questo fatto ci risparmiò i convenevoli di rito.
Qualche coppia di Verdoni mutati, Verzellini, Cardellini e Lucherini, costituivano il Suo modesto, ma ordinato allevamento. Una coppia di lucherini in una gabbia più ampia era quella che ci interessava.
Il maschio era un Pastello Bruno (ex Isabella) e la femmina che gli era stata destinata era quella per cui ci trovavamo lì.
Quello che subito mi ha colpito era la pulizia del disegno, che cominciava dalla nuca e scendeva in maniera discontinua lungo il dorso fino al codione compreso. La tonalità del disegno era scura, quasi nera e sulle remiganti e timoniere una orlatura biancastra priva di feomelanina. Il disegno dorsale era messo in evidenza dalla quasi totale mancanza di feo. Becco e zampe di colore carnicino con unghie fiammate di scuro così come la punta del becco. Pensai… e nello stesso tempo mi passarono davanti agli occhi tutte le mutazioni del lucherino che nessuna più di quella che avevo davanti a me poteva assomigliare all’AGATA.
Gli dissi d’impulso: è un’Agata
Fatte le foto che mi ero ripromesso, alcune delle quali con la femmina trattenuta tra le mani del “proprietario”, gli chiesi come e da quando era venuto in possesso del soggetto.
Mi raccontò: Nell’autunno precedente la lucherina, era entrata nella serra di un orto, per mangiare le ultime infiorescenze del centocchio, poi, per volerne uscire, aveva perso le remiganti di un’ala sbattendo contro la plastica trasparente della serra stressa. Per questo incidente banale la poverina, era rimasta a terra, capace solo di saltellare, perché non più in grado di prendere il volo. Una signora, recandosi nell’orto per raccogliere la verdura, la trovò a terra, quasi priva di sensi, per cui, la raccolse per portarla all’interno, e quindi anche proteggerla dalle grinfie del gatto di casa.
Prima ancora che le penne fossero ricresciute, la lucherina fu ceduta all’allevatore che avevo di fronte a me, il quale già avendo presso di lui qualche coppia di lucherini, vedendo questa femmina così “diversa” si prodigò non poco per farsela cedere.
Questo è poco, ma è tutto quello che so, per quanto riguarda il passaggio dalla natura alla volieretta dove ora si trovava.
Sulla carta dell’ISTRIA allegata si può capire meglio dove la femmina di Lucherino è stata trovata.
Spiegai ad Anton (così si chiamava l’allevatore) quali erano le potenzialità a livello genetico del soggetto, dicendogli appunto che, se si trattava di mutazione AGATA, si poteva spalancare un nuovo orizzonte fino a quel momento inesplorato sia sul Lucherino, che su altri spinus (ovviamente Americani). Capii che non era il caso di insistere per poterla acquisire, e decisi di lasciare questo compito ai miei amici che mi avevano fin lì accompagnato. Le trattative a livello “diplomatico” proseguivano e dopo tre settimane finalmente “fumata bianca”; verso i primi d’aprile la Lucherina era già in una delle mie voliere accoppiata, non casualmente, ad un maschio con livrea normale, ma portatore di bruno e di topazio. La scelta di questo tipo di maschio per due motivi:
a) Capire subito se si trattava di una forma, magari atipica, di topazio. Essendo infatti la topazio una mutazione Autosomica Recessiva, accoppiando la femmina in questione con un portatore, qualche topazio sarebbe molto probabilmente nato.
b) con una certa fortuna poteva nascere qualche maschio portatore di Bruno, e se la femmina era veramente Agata, significava avere dei passé-partout per arrivare a breve agli Isabella veri.
Comunque, una cosa sono i progetti, che in ogni caso ci dobbiamo prefiggere, un’altra è la realtà, infatti trattandosi di una femmina di provenienza come sopra spiegato, la prudenza è d’obbligo. Durante la prima metà di giugno, ”Miss Croazia” (questo era il nomignolo che diedi alla lucherina) iniziò la costruzione del nido dove depose quattro uova che risultarono tutte feconde e che passai subito a balia ad un’altra lucherina, per garantirmi almeno una seconda deposizione. Mentre la femmina si apprestava alla costruzione del secondo nido, si schiusero tutte e quattro le uova del primo, e la lucherina designata, allevò i pulli senza problemi. In successione poi ebbi la fortuna di altri due nidi, tanto che in totale nella stagione 2016 nacquero 9 giovani di cui solo 3 i maschi e 6 femmine, delle quali 2 brune, ma nessun topazio, quindi questo risultato mi tolse qualsiasi dubbio a proposito. La successiva stagione di riposo, trascorse in maniera normale e nel frattempo mi preparai 5/6 femmine di lucherino da dedicare ai 3 maschi nati nella stagione precedente dalla femmina probabilmente Agata. Trattandosi di mutazione sesso legata, dai tre maschi portatori, in teoria, la metà delle femmine sarebbero nate con le caratteristiche della nonna. Ebbi la conferma verso il 10 Aprile, al momento della schiusa della prima coppia di “portatore” x femmina ancestrale: uno dei tre pulli era decisamente diverso, tanto che aveva il piumino chiaro e l’occhio rossastro, gli altri invece, i normali, con il solito piumino ed occhio neri ( vedi foto nr. 1) .
Dopo tre giorni il pullo chiaro, come accade sempre, aveva il piumino chiaro, tendente al grigio, e gli occhi molto più scuri del primo giorno (vedi foto nr.2 ).
A otto giorni si notava chiaramente che un pullo continuava ad essere diverso dagli altri (vedi foto nr.3 ),
anche se non presentava più gli occhi rossastri, ma del tutto scuri. In realtà questo fatto mi aveva sorpreso, perché nell’agata, in generale, alla nascita non presenta gli occhi rossastri, ma grigio scuro. In particolare, sul lucherino non abbiamo avuto possibilità di riscontri, quindi questo potrebbe dipendere anche da una minor carica di melanina di base, nell’ occhio di questa specie. In tutti i casi ci sarà il tempo per fare le opportune verifiche….Intanto a dieci e poi dodici giorni si evidenziavano le caratteristiche sopraccitate, infatti, remiganti e timoniere decisamente grigio scuro, quasi nere (vedi foto nr. 4),
ed il soggetto si presentava con una tonalità del tutto tipica dell’agata, riduzione quasi completa della feo con becco e zampe carnicine. La sequenza di foto ci fa vedere come si è completato il processo di impiumagione giovanile e la differenza con i due soggetti (fratelli) ancestrali (vedi foto 5-6 ).
Il periodo della muta non ha rappresentato problemi di sorta e già a metà settembre le femmine mutate e presunte Agata erano pronte a farsi ammirare in tutta la loro bellezza. Con uno dei tre maschi portatori nati l’anno precedente accoppiato ad una femmina ancestrale portatrice di topazio ho ottenuto 3 femmine “Agata”topazio, 2 femmine brune, 1 femmina topazio, e 3 maschi ancestrali. A questo punto era evidente che uno dei maschi dell’anno 2016 era portatore di topazio e di bruno. Ammesso quindi che la mutazione di cui stiamo parlando sia Agata da un simile maschio potrebbe scapparci attraverso il Crossing Over qualche femmina Isabella. Vedremo……Morale: Dopo i test di accoppiamento dei lucherini portatori di Agata o presunti tale, con delle canarine Agata, gentilmente messe a mia disposizione dall’amico Ezio Parise, sapremo finalmente come definire correttamente questi “nuovi” lucherini. Nello stesso tempo quest’anno dovremo vedere i maschi mutati accoppiando i portatori con femmine mutate. Vi terremo informati, è uno dei progetti che riguardano il nostro Club. Gli altri progetti sono pubblicati sulla nostra rivista.
Il periodo dell’allevamento dei pulli, come pure quello di preparazione dei migliori soggetti alle mostre, rappresenta per ognuno di noi motivo di grande apprensione e di forti emozioni.
La maggior parte degli allevatori, quando sopraggiunge il momento della gestione delle nidiate, modifica completamente l’alimentazione somministrando dei pastoncini molto ricchi di proteine. Questa scelta fatta in maniera indiscriminata può essere molto dannosa e deleteria ai fini riproduttivi ed ora cerco di chiarire meglio e motivare questa mia convinzione: come già spiegato sui grafici della somministrazione delle vitamine, durante il periodo che precede la riproduzione dei soggetti , non si deve incrementare la percentuale di proteine e di grassi, ma è necessario supportare questo momento con un “supplemento” di vitamine (soprattutto E ed AD3E) . Questo fintanto che ci rendiamo conto che i soggetti , in particolare i maschi, sono in grado di fecondare le uova. Un eccesso di grassi e proteine, in particolare per specie allevate in gabbia, può vanificare ogni nostro sforzo.
Faccio tali premesse per suggerire agli allevatori interventi mirati, ovvero : fornire un’alimentazione con un’incrementata quantità di proteine solo laddove ci sono i pulli da far crescere e mantenere un livello proteico più basso, massimo 16%, con un integrazione vitaminica nel caso la coppia non abbia ancora deposto.
Anche tra una cova e l’altra, dopo che i pulli sono stati svezzati e che hanno goduto di uno sviluppo o accrescimento omogeno fino all’involo, è utile controllare la quantità di adipe dei maschi, soffiando sul ventre, per poter controllare l’eventuale eccessivo ingrassamento in genere dato dalle proteine in eccesso durante l’imbecco i piccoli. Nel caso che questo accada, si deve togliere il maschio e metterlo in una volieretta a parte, magari con altri maschi, in modo tale che faccia più movimento e perda grasso.
Troppe volte infatti ci giungono quesiti, in cui si chiedono chiarimenti su come mai la prima covata era buona e la seconda invece no, (uova chiare).
Si faccia anche molta attenzione quando si tolgono i giovani dai genitori: non metterli subito con gli altri giovani, magari più maturi, perché c’è il rischio che vengano in qualche modo “prevaricati” e quindi inibiti a mangiare dagli altri più “scaltri”. Questo eventuale stress potrebbe portare alla coccidiosi.
L’eventuale colorazione deve cominciare entro i 35 giorni di vita (non oltre), altrimenti inizia la prima muta e la colorazione non sarebbe più uniforme soprattutto nella zona delle spalline.
Per chi dovesse far uso di balie sia per allevare canarini che carduelidi, tenga presente che le stesse balie vanno alimentate ovviamente con il cibo previsto per la razza di appartenenza dei pulli.
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Adattamento alla gabbia da esposizione
Una volta scelti i soggetti da esporre, terminata la muta, è necessario trasferirli nella gabbia da esposizione per un periodo che può variare da soggetto a soggetto, a seconda del carattere.
Questo passaggio, generalmente, non è indolore, anzi, molte volte c’è il rischio che un soggetto perfettamente impiumato in voliera, quando viene messo nella gabbia, colto da paura e da stress sbatta violentemente contro le pareti interne della stessa e danneggi in maniera irrimediabile il piumaggio.
Posso quindi assicurare che l’operazione di adattamento alla gabbia da esposizione rappresenta una fase assai delicata e cruciale.
Ai fini espositivi si può vanificare tutto ciò per cui si è lavorato durante un’intera stagione, nel caso in cui non si affronti questa operazione con calma e pazienza.
I consigli che posso darvi sono quelli di lasciare nelle voliere delle gabbie da esposizione con le porticelle aperte dove, sia sull’esterno che nella parte interna della porticella, vengano appese delle mangiatoie da rabboccare con il cibo che prediligono. Nella stessa gabbia ricordarsi di porre anche il beverino.
Così facendo gli uccelli si abituano alla gabbia e riescono anche a conoscere l’interno della stessa quando entrano per cibarsi.
Se questa operazione vi riesce bene, successivamente, quando i soggetti avranno terminato la muta, sarà necessario rinchiuderli nelle gabbie da mostra per un periodo più breve.
In questo caso la gabbia da esposizione non dev’ essere posta sul pavimento, ma deve
essere posizionata ad un’altezza pari a quella del viso dell’allevatore, cosicchè il soggetto si abitui ad essere osservato.
E’ necessario inoltre passare più volte davanti alle gabbie da esposizione, prima lentamente, poi più velocemente e quindi fermarsi davanti alle stesse. Piano piano i soggetti devono anche accettare che l’allevatore avvicini la propria mano alla gabbia, senza spaventarsi, e che questi riesca anche, con molta dolcezza a prenderli in mano, per lavar loro le zampine dallo sporco, che inevitabilmente si forma.
Se tutte queste operazioni vengono fatte con la dovuta delicatezza e frequenza, il soggetto finirà col calmarsi e quindi presentarsi davanti ai giudici senza quegli atteggiamenti che purtroppo spesso si notano alle mostre ( sono di frequente talmente spaventati da non poter nemmeno essere osservati).
Quali altre soluzioni?
In alternativa a quanto sopra detto, un accorgimento che abbiamo utilizzato negli ultimi due anni con le specie più difficili da
addomesticare, (ad esempio i Cardellini ed i Verzellini) è quello di porre i giovani, a muta pressoché ultimata, in gabbie da cova, dopo averli prelevati dalla voliera, e sistemare in
prossimità della porta della gabbia da cova, una gabbia da mostra, come potete vedere in foto nr. 24
La gabbia da mostra, così agganciata a 90° rispetto alla gabbia da cova, permette al soggetto di passare liberamente da una gabbia all’altra attraverso la porticella ed abituarsi quindi alla gabbia da mostra. Quando si svolge questo tipo di “allenamento” è bene inoltre coprire quasi al 100% con un cartone o con altro materiale opaco, il tetto della gabbia da cova in modo che il soggetto sia anche attratto verso la gabbia da mostra dalla maggior luminosità della stessa.
Chiaramente, per rendere quest’operazione più semplice, è opportuno mettere il cibo e l’acqua nella gabbia da mostra, in modo tale che il soggetto entri senza forzature nella gabbia dove trova cibo e si abitui in maniera più naturale.
Per poter far questo è opportuno modificare una gabbia da mostra (così come nella foto nr 25-26 ).
Fondamentale però è anche il “portamento”.
Il significato di questo termine è globale e completo:
1) posizione corretta – inclusa l’inclinazione del corpo rispetto al posatoio-;
2) atteggiamento fiero;
3) ali mantenute aderenti al corpo e non incrociate;
4) zampe le cui dita chiudono saldamente il posatoio;
5) cercare di impedire che il soggetto si abitui a stare sul fondo della gabbia;
6) cercare di impedire che il soggetto si arrampichi sul frontale delle gabbie.
Vi suggerisco alcuni accorgimenti per ovviare a tali possibili inconvenienti:
1) Se il soggetto non mantiene la posizione corretta, si può rimediare modificando il tettuccio della gabbia. Se la gabbia ha un tettuccio oscurato è più facile che il soggetto assuma una posizione ad angolo troppo ridotto rispetto al posatoio , mentre se la gabbia ha un tettuccio troppo luminoso il soggetto tende ad alzare oltremodo la testa verso la luce , con un angolo quindi troppo aperto rispetto al posatoio. La giusta apertura del tettuccio determinerà la corretta posizione del soggetto, quindi la copertura del tettuccio dovrà essere regolata a seconda della posizione che il soggetto prenderà.
2) per quanto riguarda le zampe e la loro corretta presa , consiglio di usare due posatoi di diverso diametro, in modo tale che il piede si possa esercitare a stringere o mollare la presa.
3) molte volte capita che il soggetto rimanga sul fondo della gabbia per troppo tempo, senza salire sul posatoio, impedendo al giudice di valutarlo: in questo caso, se il soggetto è interessante, si può riempire il fondo con palline da tennis da tavolo, cosicchè il soggetto non possa scendere ed appoggiarsi come tenderebbe a fare.
4) se il soggetto tende ad arrampicarsi sulla grata della gabbia, è opportuno inserire all’interno della stessa una sottilissima barriera di plexiglas trasparente , per far passare la luce, impedendo però al soggetto di agganciarsi alla grata.
Tutto questo, tante volte purtroppo può non bastare, perché certi uccelli, caratterialmente più nervosi, non diventano soggetti da mostra ed in questo caso dobbiamo rinunciare.
In questa fase di preparazione, comunque, come avevamo già accennato, durante le ore più calde della giornata è opportuno bagnare i soggetti con uno spruzzatore, nebulizzando dell’acqua a temperatura ambiente addizionata, se è il caso, con sali da bagno.
Quando fate questa operazione ricordatevi di estrarre il fondino della gabbia per poi riposizionarlo asciutto. E’ evidente, a questo proposito, che dovete estrarre il fondino in modo che rimanga sulla base della gabbia una griglia per evitare facili fughe.
La fase di allenamento deve essere rigorosamente, sia per i Carduelidi che per i Canarini, portata a termine in gabbie identiche a quelle che sono le gabbie da esposizione, per cui, in linea di massima, fatto salvo per alcuni canarini di razza inglese o arricciati, le
stesse debbono essere chiuse su tre lati con l’interno bianco.
Maestri nell’arte di preparazione dei soggetti, sono gli allevatori del Nord Europa, in modo particolare Inglesi, Belgi e Olandesi che dedicano gran parte del loro tempo libero a quest’arte e convivono con gli uccellini, rimanendo a lungo con loro nella stanza di allevamento.
Esporre i soggetti alle mostre, in maniera appropriata, è quindi un’arte e deve rappresentare il miglior biglietto da visita per ogni buon allevatore, in quanto un soggetto che si pone nella giusta maniera, nella gabbia da mostra, e si “lascia osservare” senza evidenziare paura o nervosismo è certamente avvantaggiato per l’acquisizione di un buon punteggio.
Oramai da diversi anni, a C.A.S.A. Ornitalia utilizziamo questa tecnica per svezzare la maggior parte dei giovani.
Normalmente, quando i pulli lasciano il nido, non sono in grado di alimentarsi da soli, però sono molto attivi nel muoversi dentro la voliera ed il più delle volte creano nei genitori momenti di apprensione e di disturbo in quanto tendono a seguire gli stessi per chiedere “l’imbeccata”.
Premesso che il periodo necessario ai giovani per essere completamente indipendenti varia dai 7/8 fino ai 12/14 giorni dopo l’uscita dal nido, a seconda della specie, sia che si tratti di granivori che di insettivori, nel caso dell’allevamento in voliera, il giorno dopo che tutti i piccoli hanno lasciato il nido, si proceda in questo modo:
Poniamo i piccoli dentro una gabbia speciale, che noi chiamiamo di “transizione”, e la lasciamo dentro la voliera, mantenendola sollevata da terra, in modo che le deiezioni non si fermino sul fondo. Poniamo dentro la gabbia un beverino ed una mangiatoia, in modo che comunque i giovani, dopo qualche giorno, cominciano ad avere confidenza con il cibo e con l’acqua.
Questa operazione farà sì che i genitori alimentino i piccoli attraverso i fili della gabbia,studiata e costruita appunto per rendere agevole e facile l’operazione “d’imbecco”.
La gabbia è di forma allungata e stretta ed è dotata longitudinalmente sia all’esterno che all’interno di due posatoi paralleli, distanziati dalla parete della gabbia di circa 3 cm.
Questa conformazione permette ai piccoli di essere sempre posizionati in grado di ricevere il cibo dal genitore attraverso i fili e, nello stesso tempo, mamma e papà non vengono “ stressati “ dal continuo inseguimento dei piccoli che chiedono il cibo.
Tutto questo procede senza intoppi, mentre, di giorno in giorno, si nota che i giovani iniziano a consumare il cibo dentro la gabbia fino ad essere completamente autosufficienti ed indipendenti dai genitori.
Quali i vantaggi di questo sistema?
1 ) Genitori che NON subiscono stress, causa la continua richiesta di cibo dei piccoli che li rincorrono nella voliera. La maggior parte delle volte questo può portare ad avere la covata successiva, con uova non fecondate;
2) giovani che iniziano a conoscere spazi di movimento e volo più piccoli e quindi perdono la loro naturale caratteristica di essere forastico.
3) facile controllo dello stato di salute dei giovani in un momento assai critico per il passaggio del cibo dallo stato pre-digerito allo stato normale. Facile il controllo delle feci in una gabbia di dimensioni ridotte, rispetto ad un prelievo delle feci da doversi fare in una voliera.
Per informazioni più dettagliate, dimensioni, foto e/o disegni della gabbia di transizione potete rivolgerVi a Ornitalia Product Service.
@Paolo Gregorutti
Nell’immagine le nuove Perle Morbide Fruits, un’esclusiva di Ornitalia Product Service per granivori e insettivori, sostituiscono bacche e frutta
Esistono, in condizioni normali, 2 tipi di muta :
la piccola muta, ovvero quella giovanile, che inizia quando i soggetti hanno circa 40 giorni di età
e la muta grande o totale, che è quella che interessa i soggetti adulti di almeno un anno.
Per gli allevatori che vogliono partecipare alle mostre, in modo particolare con i canarini, tenuto conto che questi possono essere esposti solamente il primo anno, è di primaria importanza la muta giovanile, che deve svolgersi nei tempi e nei modi canonici.
Generalmente questa muta inizia quando i giovani hanno circa 40 gg di vita e si protrae per circa 5-6 settimane in tutto.
Affinché tutto proceda bene è necessario che i soggetti si presentino a questo importante appuntamento senza aver ricevuto danni al piumaggio durante lo svezzamento.
Spesso gli allevatori lamentano il fatto di subire episodi di “spiumaggio” anche violento da parte della madre , quando i piccoli sono in procinto di lasciare i nidi.
Si parla troppo facilmente di “pica” , ma questo fenomeno per il momento non c’entra. L a femmina , tra un nido e l’altro, “tira” le piume o le penne dei pulli quando questi non hanno ancora compiuto l’involo, per fare in modo che questi lascino il nido libero per la prossima deposizione.
Una volta compreso ciò, l’allevatore accorto come può rimediare?
Seguite questo nostro consiglio:
– Spostare il nido 3-4-gg prima che i piccoli escano e porlo all’interno della gabbia, in un punto più basso di quello precedente, distanziandolo di circa 10-15 cm almeno da dove era posizionato prima. Appena spostato il nido con i giovani, ripulite il punto che occupava il precedente nido, si deve porre un nuovo nido di uguale tipologia , in modo che la femmina si prepari alla seconda deposizione, nello stesso punto precedentemente occupato.
Ovviamente, in contemporanea all’immissione del nido nuovo, bisogna mettere a disposizione il materiale per il nido idoneo alla specie.
Facendo così, si evita che la femmina “spiumi” i piccoli e che rovini, in maniera non recuperabile, soprattutto le penne.
Il “trucchetto” di spostamento del nido è necessario soprattutto con i canarini ad ala bianca per le note necessità espositive.
Le prime attenzioni per la muta partono quindi da molto lontano ed iniziano già da quando i pulli hanno poco più di una decina di giorni.
Per quanto riguarda la necessità di una muta veloce e continua, raccomando l’uso di importanti supporti come integratori, quali : Murium Muta e Murol da fornirsi giornalmente.
Il primo , in polvere , mentre il secondo è liquido ed entrambi vanno aggiunti nel pastoncino , nelle dosi indicate. Inoltre, due giorni alla settimana, aggiungere Virgo Carnitina, ideale per rendere più veloce il metabolismo dei soggetti e potenziarne la muscolatura con la stimolazione dell’appetito.
Durante la muta inoltre, si tenga conto anche di alcuni altri accorgimenti, allo scopo di ridurre il rischio del fenomeno della “pica”.
In particolare:
– Evitare l’eccessivo affollamento delle voliere dove i giovani vengono posti a mutare;
– Mettere giornalmente, soprattutto durante le giornate più calde, il bagno con l’aggiunta dei Sali da bagno;
– Nell’acqua da bere aggiungere Kalkamin Antipic efficace per combattere il fenomeno della “pica”;
– Utilizzare , se è il caso, dei posatoi molto corti, in modo che un solo soggetto possa abitarne una singola porzione oppure , se i posatoi sono più lunghi, si consiglia l’uso di separatori;
Ovviamente questi consigli non risolvono il 100% dei problemi, ma riducono fortemente il rischio di avere dei soggetti non adatti alle esposizioni.
A proposito di queste, seguiteci sui nostri canali social e a giorni troverete dei consigli per l’adattamento ed il giusto portamento degli uccelli destinate alle mostre!
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Ornitalia è conosciuta ormai come l’azienda che ha fatto della passione, dell’esperienza e della continua ricerca, i suoi punti di forza. Per questo motivo, insieme ripartiamo dalla condivisione e dalla partecipazione per lanciare, alla nostra maniera, questa nuova vetrina, aperta alla collaborazione allo scambio di esperienze e, non certo per ultimo, alla conoscenza dei prodotti che da anni realizziamo per e con i nostri colleghi allevatori.
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PERLE MORBIDE: un anno di grandi soddisfazioni.
E’ passato quasi un anno dal lancio di Perle Morbide e, solo nell’ultima stagione riproduttiva, i nostri amici volatili hanno gradito al punto da consumarne ben 120 mila chili in 5 mesi!!
Vi abbiamo chiesto, tramite il nostro canale social preferito, facebook, di regalarci i vostri commenti su questo prodotto che davvero pochi ormai, tra noi allevatori non consocono ancora o non apprezzano.
I vostri commenti sono arrivati e danno davvero ancora di più dei nostri numeri, la misura del successo:
“Le ho scoperte a cove ormai terminate..ma, non lo abbandonerò piu, basta semi ammollati, spero di ottenere ottimi risultati, grazie.siete i migliori.”_Ferruccio Tomasi_
“Complimenti per il prodotto, io ne ho usato così tanto perche i miei cardellini ci escono matti, lo divorano dal primo all’ultimo chicco.” _ Alessandro Baldini_
“Ottimo prodotto: canarini, cardellini e cardinalini ringraziano.”_ Massimo Pinelli
“Vivo a Parigi e le ho trovate. Ottime per i miei cardinalini.”_ Franco Marasco
“Buon prodotto, mi sono trovato benissimo i pulli crescono a meraviglia!” Salvatore Ferranti_
“Ottime….io ho usato le bianche e le divorano. Ottimo accrescimento dei pullus, facile preparazione.
Grazie per averle inventate!“_Raffaele Romano_
Non le abbiamo inventate noi, ma le abbiamo scoperte grazie all’importanza che diamo alla continua ricerca e al desiderio di anticipare i bisogni e trovare le soluzioni ai problemi quotidiani di tutti gli allevatori come noi.
Continuate a seguirci e a apprezzare il nostro lavoro, successi come le Perle Morbide, sono successi che raggiungiamo insieme!